Lettera agli Efesini 4:1-32
Note in calce
Approfondimenti
umiltà O “modestia di mente”. (Vedi approfondimento ad At 20:19.)
mantenere l’unità dello spirito Il cristiano che mette in pratica queste parole permette allo spirito di Dio di operare su di lui e di produrne il frutto. “Lo spirito che proviene da Dio” è un potente collante (1Co 2:12; Gal 5:22, 23). Nel versetto precedente Paolo ha appena menzionato umiltà, mitezza, pazienza e amore, qualità che contribuiscono all’unità.
nel vincolo della pace Il termine greco tradotto “vincolo” letteralmente indica qualcosa che collega, un legame. Viene usato in questo senso in Col 2:19, dove è reso “legamenti”, cioè le formazioni di tessuto fibroso che uniscono un osso a un altro. Proprio come un legamento, la pace crea un legame duraturo che unisce i componenti della congregazione. Questa pace non è solo assenza di conflitti; si basa sull’amore e sull’impegno necessario per mantenerla (Ef 4:2). Paolo usa lo stesso termine greco in Col 3:14, dove definisce l’amore “un legame che unisce perfettamente”.
un solo [...], un solo [...], una sola Nella lettera agli Efesini Paolo sottolinea l’importanza dell’unità. Qui nel capitolo 4, nei vv. 4-6, fa un elenco di fattori che uniscono la congregazione cristiana degli unti.
un solo corpo Cioè la congregazione cristiana, paragonata al corpo umano. Gesù Cristo è il “capo” di questo corpo spirituale (Ef 1:22, 23).
un solo spirito Cioè lo spirito santo di Dio (1Co 12:13; 2Co 5:5).
una sola speranza In questo contesto l’espressione si riferisce in modo specifico alla speranza celeste dei cristiani unti (Eb 3:1). Quando questi presteranno servizio in cielo quali re e sacerdoti, comunque, tutta l’umanità che desidera servire Dio ed esercita fede “sarà liberata dalla schiavitù della corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio” (Ro 8:20, 21, 24).
un solo Signore Cioè Gesù Cristo (1Co 8:6).
una sola fede Cioè l’unico modo di adorare Dio che gli è gradito. Questa fede si basa sul messaggio relativo a Cristo che i cristiani predicano (Gv 3:16; 4:23, 24; Ro 10:16, 17; 2Co 4:13).
un solo battesimo Gli efesini avevano imparato che la loro unità dipendeva dal “solo battesimo” compiuto “nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo” (Mt 28:19, 20). Durante il suo terzo viaggio missionario Paolo aveva incontrato a Efeso alcuni che erano stati battezzati “con il battesimo di Giovanni”, ma a quanto pare dopo che questo battesimo aveva smesso di essere valido. (Vedi approfondimento ad At 18:25.) Benché conoscessero Dio, non sapevano nulla del battesimo cristiano. Paolo aveva parlato loro di Cristo e dello spirito santo; dopodiché “furono battezzati nel nome del Signore Gesù” (At 19:1-6). In questo modo si poterono unire a tutti i cristiani battezzati che servivano Geova a Efeso e altrove.
un solo Dio e Padre di tutti Cioè Geova Dio (De 6:4).
immeritata bontà Vedi Glossario.
doni sotto forma di uomini O “doni consistenti in uomini”, “uomini come doni”. Qui Paolo fa riferimento a Sl 68:18, dove Davide ringrazia Geova per la conquista di Gerusalemme. Geova era simbolicamente “salito in alto” conquistando la città in cima al monte Sion. Inoltre aveva dato agli israeliti dei prigionieri presi tra coloro che erano stati assoggettati, uomini forti che poi erano diventati utili lavoratori. Sotto ispirazione Paolo applica questo salmo profetico a Gesù che agisce come conquistatore a favore della congregazione cristiana (Ef 4:10). Dopo essere “salito in alto” ascendendo al cielo, Gesù aveva ricevuto una grande autorità (Mt 28:18; Ef 1:20, 21). La utilizzò per portare all’interno della sua congregazione uomini capaci, “doni sotto forma di uomini”, che potessero servire in qualità di amorevoli pastori e sorveglianti del gregge di Dio (Ef 4:11; vedi approfondimento ad At 20:28; confronta Isa 32:1, 2).
è salito molto al di sopra di tutti i cieli Quando fu risuscitato e andò in cielo, Gesù fu innalzato a una posizione superiore a quella di qualsiasi altra creatura celeste (Ef 1:20-23; Flp 2:9-11).
evangelizzatori La parola greca usata qui da Paolo fondamentalmente significa “predicatore, o divulgatore, di una buona notizia”. È affine al termine greco reso “vangelo” o “buona notizia”, e nelle Scritture Greche Cristiane compare solo qui e in altri due versetti (2Tm 4:5; vedi approfondimento ad At 21:8). L’incarico di proclamare la buona notizia è affidato a tutti i cristiani (Mt 24:14; 28:19, 20). Ma sembra che qui Paolo usi il sostantivo “evangelizzatori” in modo particolare, con il senso di “missionari”, come lo erano ad esempio lui, Timoteo, Barnaba e Sila. Tutti loro viaggiarono molto, percorrendo lunghe distanze, per dare il via all’opera di predicazione in luoghi in cui la buona notizia non era ancora mai arrivata (At 13:2-4; 15:40, 41; 16:3, 4).
per preparare i santi O “per aiutare i santi a fare i cambiamenti necessari”. In greco in questa espressione compare il sostantivo katartismòs, che si riferisce all’azione di riportare qualcosa nella giusta condizione, rimetterlo al proprio posto. Potrebbe anche trasmettere l’idea di preparare qualcuno per un incarico. A volte era usato in testi medici in riferimento a rimettere a posto un osso, un arto oppure un’articolazione. (Vedi approfondimento a 2Co 13:9.) Gesù preparò “i santi” facendo in modo che i loro pensieri, i loro atteggiamenti e i loro comportamenti fossero in armonia con il pensiero e la volontà di Dio. Lo fece servendosi di “doni sotto forma di uomini” che diede alla congregazione, ovvero sorveglianti nominati dallo spirito (Ef 4:8, 11, 12; 1Co 16:15-18; 2Tm 2:2; Tit 1:5).
finché giungiamo tutti Questa espressione lascia intendere che tutti i cristiani devono impegnarsi per raggiungere l’obiettivo di diventare maturi ed essere uniti ai compagni di fede. (Vedi l’approfondimento maturo in questo versetto.)
unità della fede Questa espressione si riferisce al fatto che la fede dei cristiani si basa sulle stesse convinzioni e gli stessi insegnamenti (Ef 4:5; Col 1:23; 2:7).
accurata conoscenza Nelle Scritture Greche Cristiane ci sono due termini comunemente tradotti “conoscenza”: gnòsis ed epìgnosis. Epìgnosis, il termine usato qui, è una forma intensiva di gnòsis (epì letteralmente significa “sopra” ma in questo caso trasmette l’idea di “ulteriore”, “aggiuntivo”). In base al contesto può significare “conoscenza piena, autentica o esatta”. (Vedi approfondimento a Ro 10:2.) Qui Paolo lo usa per mostrare che il cristiano maturo deve raggiungere, non individualmente ma unitamente ai suoi compagni di fede, una conoscenza piena del Figlio di Dio, Cristo Gesù (1Co 1:24, 30; Ef 3:18; Col 2:2, 3; 2Pt 1:8; 2:20).
maturo Paolo esorta i cristiani di Efeso a diventare spiritualmente “maturi” (1Co 14:20). L’obiettivo che dovevano avere era quello di giungere alla stessa statura che appartiene alla pienezza del Cristo, ovvero di crescere spiritualmente fino a diventare adulti, vivendo in armonia con l’accurata conoscenza del Figlio di Dio. In questo modo non sarebbero stati facilmente influenzati da idee errate e falsi insegnamenti. La congregazione, il modo stesso in cui era strutturata (con i suoi apostoli, profeti, evangelizzatori, pastori e maestri), li avrebbe aiutati a raggiungere quella statura spirituale (Ef 4:11-14).
per mezzo dell’inganno degli uomini L’espressione originale, che compare solo qui nelle Scritture Greche Cristiane, alla lettera significa “nel dado degli uomini”. Questa antica frase idiomatica alludeva all’abitudine di barare al gioco dei dadi. (Vedi Galleria multimediale, “I dadi”.) Qui Paolo incoraggia i cristiani di Efeso a non essere bambini, cioè spiritualmente immaturi. Per mancanza di esperienza e giudizio, coloro che rimangono spiritualmente bambini potrebbero farsi influenzare dall’“inganno degli uomini” e così non riuscire a fare progresso spirituale. Geova ha provveduto “doni sotto forma di uomini” per proteggere i cristiani dai falsi maestri e dai loro inganni (Ef 4:8; vedi App. A1).
dicendo la verità Il verbo greco che traduce questa espressione ha un significato ampio e potrebbe anche essere reso “essendo veritieri”. Per questo motivo alcune Bibbie gli danno il senso di “vivere la verità” o “agire secondo verità”. Qui Paolo delinea un netto contrasto tra il comportamento dei veri cristiani e le astuzie, gli inganni e gli stratagemmi dei falsi maestri smascherati nel v. 14. Un concetto simile è espresso nel v. 25, che sembra essere una citazione di Zac 8:16. Geova richiede che i suoi servitori sostengano sempre la verità sia con le azioni che con le parole, e le sue norme al riguardo non sono mai cambiate (Le 19:11; Pr 19:9).
è armoniosamente unito Paolo usa un verbo greco che in questo contesto sottolinea l’armonia che contraddistingue il corpo umano, benché costituito da molte membra diverse. Ogni singola parte che lo compone contribuisce al suo benessere. In modo simile i cristiani nella congregazione collaborano insieme sotto la guida del loro capo, Cristo (Ef 1:22, 23; 4:4, 15). Quando tutti cooperano in armonia, continuando a seguire la guida di Cristo, la congregazione cresce spiritualmente e conserva l’amore che la caratterizza (1Co 12:14-27; Col 2:19; 3:14). Paolo usa lo stesso verbo greco in Ef 2:21 (vedi approfondimento), dove parla della congregazione come di un edificio “con le sue parti ben collegate”.
collaborano insieme Secondo un lessico il verbo greco significa “congiungere”, “tenere insieme”, “unire”.
ogni giuntura Il corpo umano è tenuto insieme da grandi giunture, o articolazioni principali. “Con l’apporto di ogni giuntura” del corpo (la congregazione cristiana degli unti), Gesù Cristo fornisce alle varie membra quello di cui hanno bisogno. Lo fa attraverso le disposizioni prese per distribuire cibo spirituale, per comunicare all’interno della congregazione e per coordinarne le varie attività. In questo modo “il corpo” è ben nutrito spiritualmente, e ogni sua parte riceve le indicazioni necessarie per svolgere l’incarico ricevuto (Ef 4:7-16; vedi approfondimento a Col 2:19). Il termine usato da Paolo per “giuntura” era comunemente usato dai medici del suo tempo. Scoperte archeologiche attestano la presenza di una scuola di medicina a Efeso, e fu forse per questo motivo che Paolo ricorse all’analogia con il corpo umano.
come si comportano le nazioni nella vanità dei loro pensieri Lett. “come camminano le nazioni nella futilità [o “nullità”] della loro mente”. Secondo un lessico, il pensiero espresso qui è che le persone delle nazioni “camminano con la mente rivolta a cose futili”. Questo però provoca solo frustrazione e delusione, il che costituisce uno dei motivi per cui Paolo esorta i cristiani con queste parole: “Non comportatevi più come si comportano le nazioni”. (Per ulteriori informazioni sul termine greco qui reso “vanità”, vedi l’approfondimento a Ro 8:20, dove è tradotto “futilità”.)
La loro mente è ottenebrata Qui Paolo parla dei non credenti, ma il suo commento non si riferisce alla loro intelligenza. Nella Bibbia la mancanza di intendimento, soprattutto dal punto di vista spirituale, è spesso paragonata alle tenebre, al buio (Gb 12:24, 25; Isa 5:20; 60:2; Gv 8:12; 2Co 4:6; Ef 1:17, 18; 5:8, 11; 1Pt 2:9; 1Gv 2:9-11). La “mente” di coloro che non hanno imparato a conoscere Geova Dio e Gesù Cristo è “ottenebrata” perché non hanno nessuna luce che li guidi o che indirizzi le loro azioni (Gv 17:3; Ro 1:21, 28; 2Co 4:4).
vita che appartiene a Dio Secondo un dizionario biblico, il termine greco qui reso “vita” significa “vita in senso assoluto, come concetto”. (Per indicare “vita” nel senso di modo di vivere, o stile di vita, in greco viene usato un altro termine. Vedi ad esempio 1Tm 2:2.) Paolo pertanto sta dicendo che a motivo delle tenebre spirituali e mentali le persone sono lontane da Geova, cioè sono state separate da Colui che è la Fonte della vita e a cui dobbiamo la speranza della vita eterna (Sl 36:9; Ro 1:21; Gal 6:8; Col 1:21).
insensibilità O “intorpidimento”. Lett. “indurimento”. Metaforicamente, il cuore di coloro che hanno assorbito il modo di pensare e lo spirito di questo mondo ingiusto è indifferente, intorpidito (1Co 2:12; Ef 2:2; 4:17). Perciò queste persone non hanno alcun desiderio di conoscere Dio. Il sostantivo greco qui reso “insensibilità” deriva da un termine medico che tra le altre cose descrive la pelle che si è indurita ed è diventata insensibile per la formazione di un callo. Qui viene usato per descrivere il modo in cui il cuore simbolico può pian piano indurirsi e diventare insensibile nei confronti di Dio.
Avendo perso ogni senso morale Questa espressione rende un verbo greco che letteralmente si potrebbe tradurre “avendo cessato di provare dolore”. Qui è usato in senso metaforico per descrivere chi è insensibile dal punto di vista etico o morale. Una persona del genere non prova alcun dolore nel senso che non ha più rimorsi di coscienza e non si sente più responsabile agli occhi di Dio (1Tm 4:2).
comportamento sfrontato O “comportamento spudorato”. Il termine greco asèlgeia si riferisce a un comportamento che viola seriamente le leggi di Dio e riflette un atteggiamento insolente e spudoratamente irrispettoso. (Vedi Glossario e approfondimento a Gal 5:19.)
ogni sorta di impurità Il termine greco reso “impurità” (akatharsìa) ha un significato ampio. Qui è usato in senso metaforico per indicare qualsiasi specie di impurità, sia nella sfera sessuale sia nel parlare, nell’agire o nell’ambito spirituale. (Confronta 1Co 7:14; 2Co 6:17; 1Ts 2:3.) Dà risalto alla natura moralmente ripugnante di una condotta sbagliata o della condizione che ne consegue. (Vedi approfondimento a Gal 5:19.) Aggiungendo l’espressione con avidità — il termine greco reso “avidità” (pleonexìa) denota un insaziabile desiderio di avere di più — Paolo fa capire che nel termine “impurità” rientra una gamma di peccati più o meno gravi. (Vedi approfondimento a Ro 1:29.)
continuare a rinnovarvi Il verbo originale è al presente, tempo verbale che esprime un’azione durativa. Questo indica che cambiare modo di pensare è un processo continuo (Flp 3:12, 13).
nel modo di pensare O “nella forza che fa operare la mente”. L’espressione originale letteralmente significa “nello spirito della mente”. Qui con il termine “spirito” si intende la forza che spinge una persona a dire o a fare le cose in un certo modo. (Vedi Glossario, “spirito”.) Quindi lo “spirito della mente” è la forza che influenza e plasma il modo di pensare di una persona, compresi mentalità, desideri e motivazioni. Essendo imperfetti, gli esseri umani sono inclini a pensare in modo errato, e questo spinge i loro pensieri verso una direzione materialistica, fisica o carnale (Gen 8:21; Ec 7:20; Col 1:21; 2:18). Chi desidera diventare cristiano deve rinnovare il proprio “modo di pensare” così che la forza che agisce su di lui spinga i suoi pensieri nella direzione giusta perché siano in armonia con quelli di Dio. (Vedi approfondimento a 1Co 2:15.) Poi, dopo esser diventato cristiano, deve “continuare a [rinnovare il suo] modo di pensare” studiando la Bibbia e permettendo allo spirito di Dio di agire su di lui.
nuova personalità Oltre a spogliarsi della “vecchia personalità” (lett. “vecchio uomo”) con il suo modo di vivere sbagliato (v. 22), il cristiano deve operare una vera trasformazione rivestendo la “nuova personalità” (lett. “nuovo uomo”). Questa nuova personalità deve essere creata secondo la volontà di Dio, deve cioè riflettere la personalità ed essere “a immagine” di Geova Dio (Col 3:9, 10). Lui vuole che i suoi servitori si conformino alla sua immagine e imitino le sue belle qualità, come quelle elencate in Gal 5:22, 23. (Vedi approfondimenti a Gal 5:22; Ef 4:23.)
prossimo Vedi approfondimento a Mt 22:39.
Adiratevi Paolo cita Sl 4:4 e dimostra che non è sbagliato che i cristiani provino rabbia. Sia Geova che Gesù esprimono ira di fronte a malvagità e ingiustizie, ma la loro ira è sempre bilanciata da giustizia e perfetta capacità di giudizio (Ez 38:18, 19; vedi approfondimento a Mr 3:5). Anche i cristiani possono giustamente provare rabbia, ma Paolo dice: non peccate. I cristiani infatti non si lasciano andare a scoppi d’ira incontrollata, linguaggio offensivo o violenza (Ef 4:31). Sl 4:4 consiglia ai servitori di Dio di sfogarsi, ma con lui in preghiera, parlandogli di cosa li ha fatti arrabbiare e di come si sentono.
il sole non tramonti mentre siete ancora in collera Per gli ebrei il tramonto segnava la fine di un giorno e l’inizio del successivo. Quindi qui Paolo avverte di non permettere alla rabbia di crescere lasciando passare la giornata. Anche Gesù mise in guardia i suoi discepoli dal continuare a essere adirati con qualcuno (Mt 5:22). A lungo andare la rabbia può causare amarezza, rancore e divisioni nei rapporti con gli altri, sia all’interno che all’esterno della congregazione (Le 19:18; Sl 36:4; Gal 5:19-21). Paolo dà pratici consigli per aiutare i cristiani a risolvere i problemi subito, se possibile anche lo stesso giorno (Ro 12:17-21; Ef 4:2, 3).
non lasciate spazio al Diavolo O “non date una buona occasione al Diavolo”. Questa espressione rende più efficaci le parole di Paolo relative alla pericolosità dell’essere arrabbiati per troppo tempo. (Vedi approfondimento a Ef 4:26.) Se un cristiano permette che rabbia o altri sentimenti ostili si inaspriscano nel suo cuore, potrebbe, metaforicamente parlando, lasciare spazio al Diavolo. Questo darebbe a Satana la possibilità di spingerlo a commettere un peccato grave (Sl 37:8). Inoltre chi continua a covare rabbia mina l’unità della congregazione facendo così il gioco del Diavolo (Gc 4:1, 7).
non rubi più È probabile che le parole di Paolo abbiano avuto un impatto particolare sui lavoratori poveri che vivevano a Efeso. Alcuni di loro forse facevano lavori saltuari, stagionali, che non sempre bastavano a provvedere il necessario alla famiglia. La tentazione di rubare quindi poteva essere forte. Qui Paolo intende dire che i cristiani non devono rubare per nessun motivo; devono piuttosto lavorare sodo con le proprie mani (De 5:19; 1Ts 4:11). In precedenza Paolo aveva ricordato agli anziani di Efeso l’esempio che lui stesso aveva dato al riguardo (At 20:17, 34; vedi anche approfondimento ad At 18:3). Per i cristiani di Efeso applicare le sue parole implicava che avessero fiducia nella promessa di Cristo secondo cui Dio avrebbe provveduto alle loro necessità materiali (Mt 6:25-33).
nessuna parola corrotta Il termine greco reso ‘corrotto’ può riferirsi a qualcosa di “marcio”, come frutta, pesce o carne in putrefazione (Mt 7:17, 18; 12:33; Lu 6:43). Qui descrive in maniera efficace un linguaggio immorale, offensivo o osceno, linguaggio che il cristiano dovrebbe evitare. Dovrebbe invece usare “parole buone che edifichino”, che “facciano bene a chi le ascolta” e che siano “condite con sale” (Col 4:6 e approfondimento).
non rattristate lo spirito santo di Dio Il verbo greco per “rattristare” può anche essere tradotto “recare dolore”, “contristare”. Dicendo che lo spirito santo, una forza impersonale, può provare dolore proprio come una persona, Paolo usa una figura retorica chiamata personificazione. (Confronta approfondimenti a Gv 16:8, 13; Ro 8:27.) Dio usa il suo spirito santo per dare guida e forza ai suoi servitori. Lo spirito santo produce in loro belle qualità, cioè “il frutto dello spirito” (Gal 5:22-24). Coloro che non apprezzano lo spirito santo, che ne ostacolano l’operato e che agiscono in contrasto con i consigli della Bibbia ispirati dallo spirito lo stanno in effetti rattristando (Isa 63:10; At 7:51; Ef 4:17-29; 5:1-5).
un sigillo per il giorno della liberazione mediante riscatto I cristiani unti ricevono il sigillo dello spirito santo di Geova. Questo sigillo indica che gli appartengono e hanno la prospettiva di vivere in cielo. (Vedi approfondimenti a 2Co 1:22.)
Siate premurosi Nel versetto precedente Paolo ha elencato alcune caratteristiche negative. Ora, per fare un contrasto, esorta i cristiani di Efeso a manifestare qualità positive, come la premura, o benignità (Col 3:12, 13). Il verbo qui reso “siate” alla lettera si traduce “diventate”, il che potrebbe suggerire l’idea che quei cristiani avessero bisogno di migliorare nel mostrarsi premurosi.
Galleria multimediale
I dadi nella foto risalgono all’epoca romana. Questi nello specifico sono di avorio, ma potevano anche essere di osso o pietra. Quando in Ef 4:14 avvertì i cristiani di Efeso di non farsi ingannare dagli uomini, l’apostolo Paolo usò un’espressione greca che letteralmente si riferisce al gioco dei dadi; questo perché spesso chi giocava a dadi barava. Lì l’espressione è usata in senso figurato e può essere accuratamente resa “inganno degli uomini”.